22 March 2023
Intervista al Professor Upmanu Lall, Director of the Columbia Water Center and Professor of Engineering della Columbia University
Parliamo con il Professor Upmanu Lall, Director of the Columbia Water Center and Professor of Engineering della Columbia University, che esplora con noi il rapporto tra uomo e natura e l’importanza delle infrastrutture nel rafforzamento della resilienza degli ecosistemi.
Come è cambiato il rapporto tra l’uomo e la natura negli ultimi decenni, visto il peggioramento delle condizioni ambientali e i relativi effetti sulle attività dell’uomo?
Si tratta di una tematica molto ampia e forse il segnale più evidente è rappresentato dal cambiamento climatico a livello globale, ma vi sono anche molti fattori concorrenti, legati ad esempio all’inquinamento diffuso e alla diminuzione delle fonti di acqua dolce, che hanno portato a grandi mutamenti ecologici in molte parti del mondo. In compenso, oggi abbiamo una maggiore consapevolezza di queste tematiche e della necessità di proteggere la natura. È perfino possibile che, su base pro capite, molte problematiche ambientali siano effettivamente migliorate. Ciò pone la sfida della crescita della popolazione e dell’uso pro capite delle risorse, in quanto le persone diventano sempre più abbienti. Ad esempio, ad oggi il 97% della popolazione indiana non segue una dieta vegetariana, rispetto a una percentuale molto esigua negli anni ‘50. Inoltre, la popolazione del paese è cresciuta da 350 milioni a 1,35 miliardi. In uno scenario simile, è impossibile intervenire in modo significativo sulla natura.
Negli ultimi anni, l’ingegneria civile, idraulica e ambientale ha riaffermato l’importanza delle infrastrutture che, nell’assolvere la loro funzione ingegneristica, contribuiscano a rafforzare la resilienza degli ecosistemi. Da questo punto di vista, vorremmo conoscere la vostra opinione sul modo in cui le infrastrutture ingegneristiche che integrano la natura al loro interno possono contribuire a armonizzare le esigenze umane e quelle ambientali.
Nutro sentimenti contrastanti al riguardo: oggi molte soluzioni vengono promosse come infrastrutture verdi, semplicemente perché la “natura” o le barriere naturali servono per il controllo delle inondazioni o per il trattamento delle acque reflue. Accolgo con favore l’integrazione di diversi elementi e ritengo che possa rappresentare una buona soluzione, ma è necessario che l’analisi e la raccolta dei dati siano effettuate in modo rigoroso per poter disporre di una base di partenza per una corretta progettazione di tali interventi.
Con lo sviluppo di nuove tecnologie, sistemi di allerta precoce che consentono alle comunità di essere preparate ad affrontare un evento calamitoso prima che esso si verifichi cominciano a essere implementati. Quali sono i vantaggi offerti dalla tecnologia di prevenzione dei disastri e della sensorizzazione?
I sensori si presentano in molte varianti: dai sensori installati nei fiumi per rilevare la velocità di risalita o il livello di ossigeno nell’acqua, alle rilevazioni satellitari relative al colore/sedimento dell’acqua o all’evoluzione delle inondazioni. A mio avviso, entro il 2100 sensori di ogni tipo saranno diffusi in modo capillare e consentiranno di controllare e lanciare un segnale di allerta in modo automatizzato. Il loro ruolo nella prevenzione dei disastri può essere significativo nell’evitare la perdita di vite umane e di beni. La Cina sta compiendo grandi passi avanti nell’implementazione di sistemi di sensoristica e nel monitoraggio degli spostamenti della popolazione, sfruttando la diffusione e il traffico dei dispositivi mobili per garantire percorsi di evacuazione durante le calamità. Allo stesso modo, i sensori installati sulle dighe e sui ponti, in grado di diramare tempestivamente un segnale di allarme, sono indispensabili per evitare le conseguenze più gravi che possono essere causate dal cedimento di dighe e argini.
Alla luce della crescente domanda di soluzioni in grado di far fronte a fenomeni estremi, principalmente legati all’acqua, secondo lei i test e la valutazione delle prestazioni tecniche dei prodotti ingegneristici rappresentano un fattore chiave per garantirne la durata e la funzionalità nel lungo periodo?
Questi aspetti sono indispensabili e, come ho detto prima, molte delle iniziative in corso non presentano tale scopo e, di conseguenza, sono più difficili da motivare.
Come crede che si possa vincere la sfida di trovare un equilibrio tra crescita economica e tutela dell’ambiente?
Una parte dei profitti dovrà essere destinata al monitoraggio e alla protezione dell’ambiente a partire dalle fasi iniziali di ogni progetto di sviluppo.
In un mondo sempre più attento alla sostenibilità, come possiamo ripensare il modello di sviluppo delle infrastrutture?
Un primo passo è quello di considerare lo sviluppo delle infrastrutture dal punto di vista dei consumatori piuttosto che da quello dei produttori. Sembra infatti che ci dimentichiamo di considerare il consumatore come un partner e di soddisfare la domanda di sistemi accessibili, affidabili e funzionali. Allora, per migliorare l’esperienza dell’utente e coinvolgerlo nella manutenzione e nel funzionamento del sistema e nel fornire un feedback, non dobbiamo dimenticarci di individuare i modi in cui consumatori e produttori possono collaborare per garantire che infrastrutture e riutilizzo dei materiali abbiano una durata maggiore e siano più affidabili.